Medimex 2019 Spring Edition – L’intervista a Maurizio Carucci, leader degli Ex-Otago
Scritto da il 16 Aprile 2019
La Sala del Tribunale di Palazzo Dogana non è stracolma, ma il pubblico presente è concentrato, affascinato, quasi rapito della parole di Maurizio Carucci, dal suo racconto. Si apre così la prima giornata del Medimex Spring Edition 2019 a Foggia, con l’Incontro d’Autore che vede protagonista il leader degli Ex-Otago in conversazione con il giornalista musicale Ernesto Assante.
E se il pubblico foggiano pare avere qualcuna delle caratteristiche dei fan storici della band indie più acclamata del momento, caratteristiche che lo stesso Carucci descrive – “a partire dal 2002, quando eravamo all’inizio e potevamo suonare anche 5 volte al giorno e comunque non ci conosceva nessuno, ma abbiamo sempre avuto uno zoccolo duro di appassionati alla nostra musica; erano in pochi, ma ci seguivano ovunque, con un calore e un attaccamento fuori dal comune” – il leader della band genovese è egli stesso un genovese doc, con un profilo schivo e ironico, che richiama quel “tratto agrodolce tipico del paesaggio ligure“, come afferma durante la chiacchierata pubblica con Assante.
Un rapporto, quello di Carucci con la scuola genovese di De Andrè, di Endrigo, di Lauzi “di grande rispetto e sempre molto complesso“.
Il leader degli Ex-Otago è un giovane cantautore contemporaneo con 17 anni di carriera alle spalle, uno che ama la poesia dell’attimo che può durare una vita.
Ma da buon genovese, il pragmatismo non gli manca.
Quando Assante gli chiede se i testi delle sue canzoni siano più pessimisti o speranzosi Carucci risponde: “Le canzoni sono bellissime, fanno sognare, ma non bastano per cambiare le cose. Affinché tutto sia meglio di come è, bisogna agire. Sono le piccole grandi azioni quotidiane, le scelte di ogni giorno ad incidere. Penso al consumo critico al supermercato quando facciamo la spesa. Su questioni che ritengo importanti io mi schiero, provo a fare qualcosa di concreto. In questo periodo, per esempio, mi sto impegnando ad accogliere un migrante, un rifugiato, nella mia cascina“.
E a chiosa esclama: “Lo dico spesso, ci vuole coraggio a votare Salvini tutti i giorni“.
Poi è tutta musica, quella di cui non avrebbe mai potuto fare a meno, neppure se gli Ex-Otago non fossero riusciti a raggiungere il successo, “non avrei mai smesso, sarebbe stato come tagliarmi un braccio“; il suo stile di scrittura “pop“, come lo definisce, la sua poetica fatta di “sensazioni senza aggiungere troppe parole al reale“, il suo approccio “discreto e rispettoso, che non sovraccarichi la bellezza dei momenti, senza fare troppi casini insomma“.
Dal pop all’elettronica, amata da Carucci e dalla sua band, perché “è qualcosa che libera, è un modo diverso di comunicare, sprigiona istinti primitivi, tribali, molto spesso nascosti dalle convenzioni della quotidianità, un genere che manifesta pezzi di profonda verità umana“.
Infine Sanremo, vissuto dalla band “con divertimento, con gioia e serenità, senza ansie da classifica, della quale non cì è fregato nulla” e “Solo una canzone“, la preferita della figlia di Assante, come confessa a Carucci lo stesso giornalista; poi La notte chiama tour, “una figata incredibile, dove per la prima volta abbiamo un regista e i nostri live sono veri e propri show. Riscontri pazzeschi e qualcuno che, addiruttura, ci ha anche scritto: ‘è stato il più bel live della mia vita’; ma una sensazione piuttosto strana, quando migliaia di persone cantano le tue canzoni e tu realizzi che non sono più tue“.
Il futuro più prossimo è il nuovo disco degli Ex-Otago, alla cui scrittura Carucci sta già lavorando: “come succede sempre in questi periodi, mi ritrovo in furgone, davanti ad un finestrino, con le immagini che mi scorrono davanti agli occhi e il Mac sotto mano. Sono attimi molto belli. Qualche volta, provando i brani in costruzione, rido o canto da solo, con le cuffiette nelle orecchie. In quei momenti, mi volto e incrocio lo sguardo perplesso dei miei compagni“.