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Dua Saleh, il peso specifico della leggerezza.

Scritto da il 27 Febbraio 2019

La recensione del debut Ep della sorprendente cantautrice sudanese: Nūr

 La prima lingua di Dua Saleh è l’arabo. Poi ha parlato inglese per così tanto tempo che la prima lingua è diventata un melting pot armonioso, trasformatosi nella personalissima cifra stilistica di una cantautrice che propone sonorità global, con testi che lanciano l’amo alle problematiche sociali d’identità, senza il timore di concedersi accenti di amarezza. È il nuovo impressionismo culturale che avanza.

Nūr, è il suo EP di debutto. In Arabo, significa “luce/leggerezza” ma  il progetto di Dua Saleh ha la forza di uno strumento di controllo superbo, vigoroso e magico. Qui, infatti, nella visione sagace della poetessa, traduce la narrazione di una fuga dal Sudan, da un campo profughi dell’Eritrea, e di un viaggio verso l’alto MidWest sino all’affermarsi come artista, sull’altare dell’arte delle Twin Cities.

Proprio qui Dua Saleh ha mostrato una sensibilità interdisciplinare – canto,  poesia, attivismo sociale – che ha trovato facile sbocco nella musica, in un’economia di dettagli densi, dove la scrittura lirica non è semplicemente asservita alla struttura musicale del pezzo.

E la voce di Saleh è abbastanza potente da contorcersi in qualsiasi forma senza perdere il suo carattere distintivo: Nūr si estende con vocali avvincenti che non formano affatto parole e quelle in cui le voci sono mescolate in modo tale che le parole siano quasi mascherate.

La canzone d’apertura, “Sugar Mama“, descrive un vicino curioso e affascinante ,con un padre ricco e una “figa che si scioglie come un ghiacciaio”. Il  potere della narrazione canora scatta avanti e indietro: il vicino borbotta, il lavoro per beneficenza, mangia aragosta in un pagliaccetto con accento d’oro – e termina con il tipo di climax che ricorda quella massima. È un insieme in cui domina il sesso, nell’accezione di potere.

Il suono di Nūr è sofisticato, caldo ma industriale, diretto da Psymun, che produce quattro delle cinque canzoni del PE. Psymun è il tipo di produttore che ci piace i cui beat si sentono come se fossero costruiti live di fronte a noi su una drum machine, e sono suscettibili di spirali fuori controllo in qualsiasi momento ed esaltano le uscite vocali di Saleh, come in Albany dove il modo musicale è leggermente raddoppiato.

Le esibizioni dal vivo di Saleh, anche con il design di produzione più basso, sono straordinariamente intense. Questo effetto deriva in parte dagli spazi spaziali-piccoli che incontrano una voce massiccia, ma soprattutto dal modo in cui si aggirano intorno al palco, esplodendo di volta in volta come un cobra che si srotola. Questo accurato tracciato si riflette su Nūr, in particolare sul modo in cui Warm Pants ritorna al centro dopo essersi dispiegato nell’arrangiamento più grande e audace dell’EP, o nel modo in cui Sugar Mama.

Il giro è circostanziato intorno alla spina dorsale del suo battito,che si staglia nella sua sezione centrale in un collage che include un pianoforte a tonalità minore e suoni della natura. La suggestione è quella di stare su un autobus che si tuffa nel bosco, mentre il telefono sta morendo. Alla fine della canzone sei ipnotizzato da un pattern di tamburo solitario, ma il risultato è un disorientante equilibrio. È così che Dua Saleh dimostra di valere tutti i pattern di questo mondo.

Buona musica.


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