Milano Rocks: L’imperdibile live dei Twenty One Pilots, Billie Eilish e Fidlar
Scritto da il 5 Settembre 2019
L’adrenalina scaturita dai due giorni di live al Milano Rocks è difficile da smaltire: il 30 e 31 Agosto sono stati due giorni intensissimi di grande musica, un’esperienza sonora indimenticabile per il pubblico di ogni età che ha gremito uno dei festival più attesi dell’estate..
La prima giornata ha visto protagonisti gli spettacoli dei1975, Florence + The Machine e PVRIS, anticipando l’atmosfera rovente del secondo giorno con le esibizioni dei Twenty One Pilots, Billie Eilish e Fidlar.
Sono state davvero interminabili le file di ragazzi che hanno affollato, dalle prime luci del mattino, la zona Rho Fiera/Area Expo, con l’esplosione dei vivaci colori dei loro outfit. Dal giallo onnipresente nel nuovo filone narrativo presentato dai Twenty One Pilots con l’album Trench, al verde fluo dei fan di Billie Eilish. In questa armonia cromatica è frenetica l’aria che si respira: tra gruppi che cantano le canzoni dei loro artisti preferiti, è diffusissima l’impazienza di chi sente che tra poche assisterà al concerto “della vita” (come dicono in molti). In fondo gli artisti in scena sono in vetta alle classifiche mondiali con i loro singoli. In particolare la “ragazzina” che canta Bad Guy: un fenomeno musicale che unisce il pop a sonorità cupe e elettroniche, con testi abbastanza profondi, riguardo le insicurezze, temi che la collegano ai Twenty One Pilots. La band dell’Ohio è, difatti, famosa per il suo Blurryface (album del 2015) che cita le più oscure debolezze del duo, che ha ispirato la Eilish stessa nella sua adolescenza.
I Fidlar risultano ben sintonizzati su queste frequenze, condividendo con entrambi la particolarità dei testi, e delle sonorità non proprio da hit estive!
Sono proprio loro a partire alle 18:00 in punto, in un’area che accoglie 80000 persone ed è gremita di gente.
Grande panico, c’è chi sviene per l’affluenza incredibile o l’emozione, chi piange ancor prima di vedere i propri idoli, ma una chitarra elettrica irrompe come un tuono nel cielo del Milano Rocks; il suo suono è energico, prepotente e coinvolge chiunque…i Fidlar hanno iniziato il loro spettacolo!
Non tutti li conoscono, ma il quartetto punk rock di Los Angeles, avrà di sicuro nuovi fan dopo questa imperdibile giornata. Vengono cantati i loro successi come “By Myself”, “Can’t You See”, “Cocaine” e il ritmo è travolgente, come già detto.
Elvis Kuehn (voce e chitarra) dimostra di essere una rockstar a tutti gli effetti: si dimena col suo strumento, si getta per terra e la sua voce è graffiante al punto giusto; nel mentre intervalla questi comportamenti a dei timidissimi “grazie”, che provocano risate tra il pubblico.
Una decina di brani, nel tempo di un’ora, e i Fidlar sono pronti a lasciare spazio a lei, il futuro della musica (come viene indicata da molti), Billie Eilish. E Billie stessa è la prima a spuntare sul palco, col suo personalissimo outfit: per l’occasione ha dei pantaloncini e una maglia extralarge celesti con delle fantasie quasi da trapper sull’arancione…stravagante, ma piace, e come!
La sua band è quasi in contrasto cromatico con lei: ogni membro è vestito di bianco. Proprio la band parte e il basso della famosissima hit “Bad Guy” scuote l’atmosfera: tutti saltano, e con la voce fanno coro sulle note suonate. Billie inizia a saltare, è presa dall’entusiasmo, ma qualcosa va storto, nel vero senso della parola: la Eilish deve esser cascata male, e si getta a terra in preda al dolore, ma si rialza quando è il momento di cantare…lo show inizia!
Appare spensierata quanto basta, ma la sua voce si distingue poco (frutto del forte autotune che le rende la voce molto elettronica), anche tra la bravura della band che la supporta.
Il dolore però si fa più intenso e alla fine del brano Billie deve lasciare il palco quasi in lacrime.
“Billie, Billie, Billie!” urla la folla, e lei, dopo 10 minuti, torna sulle spalle di un bodyguard, con la sua immancabile linguaccia.
Decide di sedersi per cantare e dichiara di sentirsi così trash e triste nel momento, ma il calore del pubblico la risolleva ed è lei stessa a chiederlo; la risposta è ottima, sulle note di “My Strange Addiction” si riparte. Se i Fidlar erano stati energici, Billie Eilish dimostra che, da seduta e dolorante, è comunque capace di far divertire, facendo urlare in modo unanime la platea.
Seguono “Ocean Eyes”, “ All The Good Girls Go To Hell”, “Xanny” e gli altri successi del suo album pluripremiato “When We All Fall Asleep, Where Do We Go”.
Inutile dire che l’esibizione sarebbe stata mille volte più frizzante senza la giovane cantante dolorante, ma guardando è indubbia la potenza del suo carisma sotolineata dai cori dei suoi supporters. Chiude il concerto con “When The Party’s Over”, dove sembra che, sulle note malinconiche del pianoforte, le 80000 persone siano raccolte tutte intorno alla giovane star, quasi a coccolarla. Stranissimo che in uno spazio incredibilmente grande l’ambiente cche si respira sembri così raccolto. Ma appena il piano suona l’ultima nota, c’è il gran finale con la famosissima “Bury A Friend” (altra hit mondiale), che dà lo sprint finale e carica al massimo un pubblico che balla nonostante sia dalla mattina in piedi!
L’attesa dalla fine della performance di Billie Eilish a quella dei Twenty One Pilots è di più di mezz’ora. Sul palco inizia a esser messa in atto la scenografia del duo dell’Ohio, con un’automobile nero opaco che viene posizionata dietro la batteria e il pianoforte, rispettivamente suonate da Josh Dun e Tyler Joseph (anche voce, basso e ukulele).
Ma alle 21:20 a squarciare il buio arriva un bastone infuocato che illumina il set; a portarlo è proprio Josh Dun, come suo solito a ogni inizio concerto della band.
Si posiziona dietro la sua batteria, tra la felicità della platea che è in visibilio e lascia spazio a Tyler Joseph, il quale col suo basso fa in ingresso e inizia quel famoso giro, che introduce il brano “Jumpsuit”.
L’area Expo si tramuta in una bolgia: il suono aggressivo del brano punk infiamma la notte a Milano, assieme alle robuste sonorità della batteria e all’urlo di Joseph sul finale del brano.
Gli headliner della giornata sono famosissimi per non avere un genere preciso, risultando capaci di poter suonare qualsiasi cosa, ed è per questo che inizia immediatamente una sfilza di brani come “Levitate” (con sonorità trap), “Lane Boy” (dubstep), “Moprh” (LoFi).
L’entusiasmo è alle stelle: i Twenty One Pilots sono riusciti a dare il giusto senso a un evento del genere e i loro fan sono scatenati sulle note di ogni brano.
Il palco dopo 20 minuti di live si tinge di giallo e una voce esterna introduce i due membri e dà il benvenuto a tutti allo show, sotto l’ukulele suonato da Joseph. Ed è qui che si crea quel rapporto famoso nei concerti dei Pilots, tra platea e band. Il leader chiede al pubblico di gridare un sonoro “Yeah Yeah Yeah” ogni volta che lui avesse detto “One, Two, Three” durante il brano che parte, e si chiama “We Don’t Believe What’s On Tv”.
Seguono i successi del duo Statunitense, quali “Heathens”, “Stressed Out“ e “Ride” (brani che hanno regalato a questi una marea di premi, tra cui un Grammy).
L’adrenalina del duo è contagiosa: Joseph e Dun durante i brani salgono sulle loro strumentazioni e fanno capriole in aria, ballano e la voce del cantante estasia tutti alternando cori molto puri a vere e proprie girda stile Linkin Park.
Lo stesso Joseph decide prima di gettarsi tra la folla, facendosi mantenere in piedi mentre canta “Holding On To You”, quasi a dire ai propri fans che lui è legato a essi in modo indissolubile; e poi decide di salire su un obelisco posto al centro del campo adibito per il concerto, passando tra la sua gente per poter gridare dall’alto le ultime parti del brano “Car Radio”.
Seguono altri brani, tra cui “Chlorine” (successo dell’ultimo album Trench), e ci sono attimi in cui tutti i presenti ballano…immaginate quasi 100000 persone che si muovono allo stesso modo da destra a sinistra se ci riuscite!
L’epilogo dei due giorni di festival si ha con il loro ultimo brano “Trees”. In questa occasione il duo ringrazia Milano dicendo che sarebbe un piacere tornare e nella commozione generale che suscita la fine di una giornata così, irrompe il suo pianoforte che suona dapprima in modo molto intimo le fasi iniziali di un brano che dopo esploderà in frenesia pura.
Infatti verso la parte finale i due musicisti scendono dal palco, raggiungono il prato e si fanno sorreggere dal pubblico (un po’ una mania la loro, eh) e, quasi fluttuando sopra una colonna di persone, hanno alle mani un tamburo ognuno. Fuochi d’artificio, euforia del pubblico ad ogni colpo su queste due casse, che sembrano rintocchi di un orologio che sveglia tutti coloro che hanno vissuto questo indimenticabile sogno.